I veri problemi dell'Ateneo teramano raccontati dagli "addetti ai lavori"

TERAMO – Si terrà domani l’attesa conferenza stampa del Rettore dell’Ateneo teramano Rita Tranquilli Leali, a cui parteciperanno anche i rappresentanti del Senato accademico, e, come spettatori, anche i ragazzi di diverse associazioni studentesche. Abbiamo voluto “sondare il terreno”, ascoltando alcuni autorevoli pareri di personaggi che rivestono un ruolo importante all’interno dell’Università. E’ palese, dalle testimonianze che abbiamo raccolto, che, tra gli “addetti ai lavori” serpeggia un certo malumore misto a molta preoccupazione per il futuro dell’Ateneo: il calo delle iscrizioni sembra essere solo la punta dell’iceberg, perché, a ben vedere, i problemi “nascosti” sono tanti. In primis c’è il timore della concorrenza sempre più spietata degli Atenei telematici, come la Uniadriatica e la Leonardo Da Vinci, con cui  vorrebbe fondersi l’Università di Chieti-Pescara, che, a sua volta, sta stringendo contatti con l’Ateneo aquilano. Teramo rimane, insomma, “fuori dai giochi”. E c’è preoccupazione anche per la lenta agonia del polo umanistico, dove, al momento, “regge” solo la Facoltà di Giurisprudenza. Facoltà che, secondo molti, non sarebbe però valorizzata a dovere: uno dei problemi è rappresentato dalla carenza di docenti incardinati: spesso, infatti, le lezioni vengono affidate a ricercatori con incarichi di supplenza.  C’è stato poi negli ultimi anni un exploit di liberi professionisti, in particolare romani, che abbinano l’incarico di insegnamento al lavoro di avvocato e consulente, con  due risultati negativi: presenza in Ateneo “mordi e fuggi” e, soprattutto, scarsa attenzione per la ricerca e per la produzione di monografie e saggi, elementi richiesti dalla legge Gelmini. Questo ha provocato quindi anche una contrazione dei fondi ministeriali. C’è poi il “caso” dei professori in pensione riassunti con contratti poco dispendiosi per l’Ateneo, che servirebbero a garantire la sopravvivenza di alcuni Corsi di laurea, così come imposto dalla legge (che fissa un tetto minimo di professori di ruolo). Si arriva così ad un’altra nota dolente: la mancanza di turn over. Sarebbero poche, anzi pochissime, le possibilità per un giovani ricercatore di diventare professore a tutti gli effetti, anche perché, negli ultimi anni, a causa della scarsità dei fondi a disposizione, i dottorati e gli assegni di ricerca si sono ridotti in maniera considerevole. Con un simile quadro ci si chiede come l’Università teramana riuscirà a superare la concorrenza di competitor sempre più spietati.